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PERCHÉ IN UN BLOG DEDICATO ALLA CULTURA NON HO FATTO ACCENNO AD ALCUNE MANIFESTAZIONI EDITORIALI
Di seguito due righe o poco più sulle ragioni per cui sto tacendo su manifestazioni come “Tempo di libri” a Milano e “Libri come” a Roma.
“Tempo di libri” a Milano: una guerra poco utile per l’editoria.
Non voglio entrare nel dettaglio e dare troppo spazio a una manifestazione che, a mio parere, non ha ragione di esistere. È importante, sia chiaro, che esistano più rassegne editoriali in un paese come l’Italia in cui si legge pochissimo. Sarebbe bellissimo che le istituzioni si impegnassero maggiormente per far comprendere quanto leggere sia utile, per non dire fondamentale, per capire il mondo in cui viviamo e noi stessi, per aprire la mente a nuove prospettive, per renderci coscienti e partecipi di quello che avviene nelle società e nel mondo. Ma non è così.
“Tempo di libri” è nata come fiera in concorrenza con il tradizionale “Salone del Libro” di Torino con l’intento politico di spostare a Milano il baricentro culturale dell’industria editoriale. Una sorta di guerra interna ha caratterizzato l’anno scorso l’annuncio della nuova fiera lombarda, i cui risultati sono stati deludenti e ampiamente divulgati con soddisfazione dagli organizzatori piemontesi. Quest’anno, alla seconda edizione, pare sia andata meglio ed è nuovamente guerra di numeri.
Personalmente è proprio questo che detesto. Siamo ancora una Italia piccina, che gode delle disgrazie altrui, che spera nel malanno del vicino per potersi avvantaggiare. E ad appesantire il carico abbiamo adottato (stavolta dimostrando un atteggiamento meno provinciale) la mentalità prettamente americana o anglosassone della guerra dei numeri e delle statistiche. Preoccuparsi esclusivamente dei risultati numerici e di conseguenza economici e di immagine, soprattutto in ambito editoriale, mi sembra un atteggiamento sterile. Dovremmo preoccuparci di diffondere la cultura, non di creare orticelli e barriere. Dovremmo preoccuparci di creare eventi diversi ma sinergici e non solo in competizione fra loro. Dovremmo preoccuparci dei contenuti e della loro divulgazione, attivarci anche a favore della piccola e media editoria indipendente, che attualmente fa il vero lavoro di scrematura e selezione nel mondo editoriale scoprendo nuovi talenti o eseguendo ricerche importanti ma poco remunerative. È così anacronistico pensare una cosa del genere?
A “Libri come” si partecipa solo per invito.
Fu questa lapidaria ma chiara frase ciò che ricevetti in risposta alla mia domanda “Come si fa a partecipare alla manifestazione?”.
Dietro alla apparentemente innocua parola “invito” si celano in realtà interessi non solo economici ma soprattutto politici, o per meglio dire partitici. Certe manifestazioni, che paiono presentare liberalmente una pluralità di voci, molte anche provenienti dall’estero, non sono altro che la cassa di amplificazione di ciò che viene già proposto (pare brutto dire “reclamizzato”) dai grossi gruppi editoriali sulle TV nazionali, di Stato e non. Gli organizzatori stessi fanno parte del mefistofelico ingranaggio mediatico, ma in questo caso non si denuncia il conflitto di interessi. Ci si appella alla professionalità posta al vertice di una importante iniziativa che rende un servizio alla cultura. E chissà come mai i piccoli e medi editori e gli autori da loro proposti ne rimangono regolarmente esclusi...